Registri Vocali maschili: perché è indispensabile conoscerli se vuoi diventare un bravo cantante?

I REGISTRI VOCALI MASCHILI: SE LI IGNORI È A TUO RISCHIO E PERICOLO

Se vuoi diventare un bravo cantante cantante è di fondamentale importanza che tu conosca i registri vocali maschili: non è possibile cantare bene senza sapere che tipo di voce possiedi e quali sono i limiti del tuo timbro, a prescindere dal genere musicale che hai scelto.

A differenza dei registri vocali femminili, le voci maschili hanno qualche lieve variante in più, che scopriremo nel corso di questo articolo.

Conoscere il proprio registro vocale significa avere la carta d’identità in tasca. Ci servirà inoltre a capire i nostri limiti vocali e le nostre reali possibilità di sviluppo: fino a dove possiamo spingerci con gli acuti, quale repertorio possiamo cantare e come eseguirlo al top.

Vasco Rossi
Icona rock italiana, Vasco Rossi possiede un timbro tenorile molto riconoscibile anche grazie al suo accento modenese molto marcato.

Cos’è il Timbro?

Il timbro è quella caratteristica della voce umana che la rende riconoscibile e differenziabile da tutte le altre.

Da Wikipedia:

Il timbro è quella particolare qualità del suono che permette di distinguere due suoni con uguale frequenza o altezza. Il timbro rappresenta quell’attributo della sensazione uditiva che consente all’ascoltatore di identificare la fonte sonora, rendendola distinguibile da ogni altra. Il timbro, dunque, è la qualità di un suono.

Si può dire, con linguaggio non tecnico, che il timbro è il particolare profilo o carattere distintivo di un suono emesso da una voce o strumento musicale: una chitarra elettrica rock e un oboe emettono la medesima nota (stessa altezza ovvero frequenza) ma con timbri inconfondibilmente diversi e peculiari. Così per le voci umane o i versi animali.

Un timbro da basso profondo sarà riconoscibile rispetto ad un’altra voce dalle stesse caratteristiche timbriche.

Il timbro rappresenta il “colore” dei ogni singola voce e varia in base alla conformazione fisica di ogni persona: corde vocali, grandezza della testa, conformazione del cranio, ecc.

I registri vocali maschili sono strettamente legati al timbro vocale, infatti, ad ogni registro corrispondono delle caratteristiche ben precise tra loro, che non saranno mai uguali per tutte le voci.

Per la voce maschile ci sono tre registri:

  1. Voce di Basso, con estensione vocale compresa tra il DO1 e il FA3.
  2. Voce di Baritono, con estensione vocale compresa tra SOL1 e LA3;
  3. Voce di Tenore, con estensione compresa tra il DO2 e il DO4.

Facendo un passo indietro nel tempo, scopriremo che ogni timbro di voce ha delle caratteristiche tipiche di un periodo storico e del relativo repertorio, ad esempio ci sono bassi profondi e bassi buffi, pur trattandosi della stessa corda vocale hanno capacità diverse tra loro, a partire dall’estensione più verso il basso per la prima, con colore più scuro e con estensione più verso l’acuto per la seconda.

I REGISTRI VOCALI MASCHILI: LA VOCE DI BASSO

Per capire meglio le origini e le ambientazioni dei vari registri vocali maschili nella storia della musica è fondamentale fare un salto nella storia delle voci nell’ambito della musica classica, in particolare del canto lirico, per poi arrivare fino ai nostri giorni in cui le varie classificazioni vocali (nella musica moderna: pop, rock, soul, rap, ecc.) hanno perso la loro importanza e considerazione.

Il Basso è la più grave tra le voci maschili. È presente fin dai primi melodrammi del 1.600. Esistono diverse tipologie di Bassi, che si differenziano tra loro per alcune sfumature timbriche, per una maggiore attitudine verso il registro grave o quello acuto e per repertorio.

Generalmente, la voce di Basso si estende mediamente dal Fa grave al Fa acuto (Do1 Fa3) ma varia molto in base alla tipologia del timbro.

Basso profondo o drammatico possiede un volume ed un’estensione notevole verso le note basse. Il basso profondo possiede un vasto repertorio di compositori ed esegue quasi esclusivamente opere drammatiche.

L’aria “Vecchia zimarra”, di Colline dalla Bohème di Giacomo Puccini. (Libretto La Bohéme pag. 52).

Basso cantabile è una voce un po’ più chiara rispetto al Basso profondo. È il basso per eccellenza e si distingue per il fraseggio e la duttilità del suo registro.

Può spaziare in innumerevoli ruoli caratterizzati dai cosiddetti “legati”, vale a dire più note unite fra loro a formare un suono più omogeneo e compatto, come nell’aria del Conte Rodolfo “Vi ravviso, o luoghi ameni”, dalla Sonnambula di Vincenzo Bellini. 

Basso leggero, detto anche basso buffo o basso parlante, generalmente un basso leggero viene comunemente chiamato basso buffo. Al basso buffo vengono affidate parti comiche, in quanto la voce leggera si adatta di più alle parti musicalmente più difficili e ricche di agilità, gorgheggi, trilli ed altri abbellimenti rispetto alle parti drammatiche.

Si parla di basso parlante quando interpreta personaggi un po’ goffi e ridicoli, tipici dell’Opera buffa.

Il Basso buffo acquista importanza vitale grazie al più grande compositore di opere comiche mai esistito, Gioacchino Rossini (1792-1868), in opere come Il Barbiere di Siviglia, Cenerentola, L’italiana in Algeri, Il turco in Italia.

Ma il Basso buffo lo possiamo trovare anche in opere drammatiche come La forza del destino di Verdi dove Fra Melitone rappresenta per il pubblico una sorta di tregua e respiro, per le vicende molto tragiche che offre il capolavoro verdiano, che si conclude con la morte di due personaggi.

Nel video, il recitativo tra don Basilio e Bartolo e la celebre aria “La calunnia è un venticello” da Il barbiere di Siviglia, cantata da don Basilio.

Basso-Baritono
Denominazione usata solo da circa trent’anni, quindi molto recente. Corda vocale piuttosto rara, in grado di affrontare ruoli sia da Basso che da Baritono, dato che l’ampia estensione lo permette.

Infatti, analizzando per un attimo le corde vocali del Basso-Baritono, si nota che hanno una base larga, e verso l’alto si restringono, cosa che non avviene negli altri timbri vocali. Nel video che segue l’aria “Non più andrai farfallone amoroso”, da Le nozze di Figaro, di Wolfgang Amadeus Mozart,
cantata da Figaro. 

Escamillo, il torero della Carmen di Bizet, è un altro personaggio che si adatta alla voce del basso-baritono. Nel video un breve recitato parlato – vi ricordo che Carmen è un’Opéra-comique – cui fa seguito la celebre aria “Toreador”.

LA VOCE CENTRALE NEI REGISTRI VOCALI MASCHILI

BARITONO
Il termine Baritono designa la voce maschile intermedia tra quelle di Basso e Tenore. Il registro vocale è nato nell’Ottocento, in quanto nel periodo barocco esisteva il cosiddetto Bari-tenore. È la voce più naturale del registro maschile.

Convenzionalmente, l’estensione della voce di baritono viene indicativamente fissata nelle due ottave comprese tra il La grave e il Sol acuto (La1 Sol/La3)

Baritono drammatico
Voce ricca, piena, di timbro scuro e intenso volume; spazia nella zona centrale del registro. Ha gli stessi passaggi di registro del Baritono lirico-drammatico, quindi la differenza tra i due è essenzialmente una differenza di timbro e tessitura.

Mario Biondi
Cantante catanese dalla voce inconfondibile, grazie al suo timbro molto scuro e riconoscibile (ricorda molto quello di Barry White). La sua voce baritonale oltre alla sua notevole dizione inglese gli hanno permesso di distinguersi nell’ambito del panorama musicale internazionale nel genere musicale del jazz e soul.

Nell’ambito della musica leggera possiamo ricordare la voce di Mario Biondi, musicista e cantante italiano dalla voce baritonale inconfondibile, ricca di armoniche basse che le conferiscono una morbidezza e un colore riconoscibile tra mille.

Tornando invece all’Opera lirica, i ruoli appartenenti a questa categoria hanno difatti una tessitura più pesante e grave rispetto alle altre tipologie di Baritono.

Il ruolo di Rigoletto, il buffone di corte nell’omonima opera di Giuseppe Verdi, si adatta bene a questo registro. Nel video, l’aria “Cortigiani, vil razza dannata”.

Baritono lirico spinto o lirico-drammatico è un Baritono lirico la cui voce è dotata in natura di maggior volume o un baritono drammatico con più facilità di emissione nel registro acuto.

Può anche essere definito Baritono verdiano, in quanto Verdi si è avvalso di questo timbro in moltissime delle sue Opere. Traviata è una di queste, da cui ascolterete “Di Provenza il mar, il suol”, cantata da Germont padre.

Baritono lirico o cantabile

Voce calda, piena e ricca; spazia dalla zona centrale a quella acuta ed è adatto ad una spiegata cantabilità che ben rappresenta i toni romantici più del baritono drammatico. Dall’Opera l’Elisir d’amore di Gaetano Donizetti, l’aria di Belcore: “Come Paride vezzoso”.

 

Baritono leggero
Voce dal timbro chiaro e limpido, di limitato volume ma agile; spazia nella zona acuta del registro ed è fornito di capacità virtuosistiche. Affronta con molta disinvoltura i ruoli più buffi dell’opera.

Condivide i passaggi di registro con quelli del Tenore. Figaro nel Barbiere di Siviglia, entra in scena e si presenta al pubblico con la celebre “Largo al factotum della città”.

QUAL È LA VOCE PIù ACUTA TRA I REGISTRI VOCALI MASCHILI?

TENORE
E’ la più acuta delle voci maschili e anche la più innaturale, nel senso che gli acuti che vanno dal Sol3 in su si ottengono solo con una particolare tecnica, quella della “voce in maschera”.

Jonas-Kaufmann, tenore lirico tedesco, noto e controverso cantante d’Opera per il suo modo di cantare “scurendo” i suoni in modo artificiale ottenendo un suono “ingolato” e gutturale.

L’estensione della voce di tenore viene fissata, per il repertorio solistico, nelle due ottave comprese tra il Do 2 e il Do4, quest’ultima nota impropriamente detta “do di petto” perché normalmente cantata a voce piena (su tutta l’ampiezza delle corde vocali).

Semmai, dovrebbe chiamarsi “do di testa”, poiché utilizza come cassa di risonanza le cavità poste sopra le fosse nasali, ossia quelle dietro la zona frontale del cranio.

Il “do di petto” fu emesso per la prima volta dal tenore francese Gilbert Duprez in occasione della rappresentazione a Lucca del Guglielmo Tell di Rossini, nel 1831, prima rappresentazione italiana, con l’emissione di una voce definita mista o di gola.

Rossini non gradì affatto l’esecuzione e commentò affermando che gli ricordava “l’urlo di un cappone sgozzato“.


Prima di tale data, sia i Bari-tenori che i Tenori contraltini – queste erano le due tipologie esistenti prima dell’Ottocento, la prima con un timbro più scuro e una tessitura tendente al grave, la seconda con un timbro chiaro e squillante tendente all’acuto – emettevano la nota in un registro misto, che è stato in seguito denominato “falsettone”.

Bari-tenore o Tenore baritonale è la tipologia di Tenore comunemente impiegata nell’opera barocca del XVII e XVIII secolo. Si tratta di una tipologia tenorile dalla tessitura molto bassa, che spesso può confondersi con quella del Baritono moderno.

In quanto timbro vocale molto diffuso e quindi ritenuto “volgare”, essa non riscuoteva, al pari del Mezzosoprano, l’apprezzamento del gusto barocco per il “maraviglioso”, al quale si addicevano molto meglio i timbri rari, stilizzati, anti realistici dei Castrati, del Soprano, del Contralto, ed anche del Basso profondo.

In parallelo con l’affermazione dei Castrati, il Bari-tenore fu quindi sempre più relegato a parti di contorno o di caratterista o spesso a parti buffe di servi pasticcioni o, travesti, e ciò fino alla comparsa, nella prima metà del Settecento, di figure come quella di Angelo Amorevoli, che, per le capacità vocali e virtuosistiche possedute, si videro affidare ruoli anche molto rilevanti, ferma comunque restando l’assoluta preminenza di Castrati, Soprani e Contralti.

Anche in tali ruoli la tessitura dei Tenori baritonali rimase comunque molto centrale arrivando in alto soltanto al La 3 in falsettone o del tutto eccezionalmente al Si 3 e al Do 4, anche se probabilmente in falsetto.

Oggi questo registro è diventato una rarità, ma ci sono cantanti che lo possiedono, anzi, a differenza del Bari-tenore barocco, riescono a svettare anche sulle note più acute in voce reale, cioè senza falsetto.

Vengono pagati profumatamente soprattutto nel repertorio dell’Opera seria di Rossini, dove il pesarese ha scritto molto parti destinate Bari-tenore. Uno di questi è lo statunitense Chris Merrit che ascolterete nell’Opera Zelmira di Gioachino Rossini.

HAI MAI SENTITO PARLARE DEL TENORE – CONTRALTO?
E’ una tipologia di voce che nasce e si afferma agli inizi dell’Ottocento, in modo direttamente proporzionale all’uscita di scena dei Castrati, dei quali prende il posto.

Si affianca al Bari-tenore ma, a differenza di esso, riesce a emettere note più acute sia in voce reale che in falsetto, dove arriva a toccare il Mi 4 e, in alcuni brani, anche il Fa 4.

Diventa il registro preferito di Rossini per le sue Opere buffe. Oggi tale registro è affidato al cosiddetto Tenore di grazia che, a differenza del Tenore contraltino, esegue anche le note più acute in voce reale e non in falsetto.

In video, da L’Italiana in Algeri di Rossini, l’aria “Languir per una bella”, cantata da uno del migliori Tenori di grazia del
momento, il peruviano Juan Diego Flòrez.

Tenore drammatico

Mario Del Monaco (Firenze 1915 – Mestre 1982) è considerato il Tenore Drammatico in assoluto più emblematico del ‘900. Detiene il record assoluto di avere cantato (dal vivo) 427 volte l’Otello di Giuseppe Verdi, considerato in ruolo piuttosto difficile da affrontare per la tessitura drammatica richiesta da Giuseppe Verdi, come conseguenza del tema trattato e dell’orchestrazione poderosa scritta dal grande compositore italiano.

E’ l’erede del Bari-tenore. E’ una voce ricca, piena, di timbro scuro e di intenso volume; spazia nella zona centrale del registro ed è portato agli accenti forti, con grande somiglianza alla voce di Baritono.

Registro molto adoperato nell’Opera verista italiana e nell’Opera realista francese. Nel video, l’aria di Canio, “Vesti la giubba”, dall’Opera Pagliacci di Ruggero Leoncavallo.

Il rappresentate per eccellenza di questa tessitura è senza dubbio Mario Del Monaco, con le sue 427  recite di otello di G. Verdì, è stato colui che meglio di tutti ha saputo rappresentare al meglio questo difficile quanto profondo personaggio shakespeariano;

Tenore lirico- spinto
E’ una voce abbastanza strutturata nel registro medio, dove evidenzia un’emissione ricca e potente, nonché un timbro squillante, qualità che non perde nemmeno sul registro acuto.

Nel video l’aria “Ah, si ben mio” e la cabaletta “Di quella pira”, dal Trovatore di Giuseppe Verdi, cantate da Franco Corelli, uno dei migliori Tenori lirico-spinto della seconda metà del Novecento dopo il grande Giacomo Lauri-Volpe.

Tenore lirico
Voce calda, piena e ricca; spazia dalla zona centrale a quella acuta ed è adatta a una spiegata cantabilità.

Dotata di versatile, è per antonomasia la voce del tenore. Vi propongo da La Bohème di Giacomo Puccini, l’aria “Che gelida manina” nell’interpretazione del grande Luciano Pavarotti.

Tenore leggero o di grazia

DIMASH KUDAIBERGENOV, noto tenore contraltino, cantante di musica pop con oltre sei ottave di estensione vocale.

E’ l’erede del tenore contraltino rossiniano. Voce dal timbro chiaro e limpido, di limitato volume ma perfettamente a suo agio nelle agilità vocali.

Il personaggio che lo rappresenta è quello di Nemorino da L’elisir d’amore di Gaetano Donizetti, con l’aria “Una furtiva lagrima” qui nell’interpretazione di Luigi Alva, tenore peruviano in auge da metà degli anni Cinquanta agli anni Settanta, voce dal fraseggio chiaro ed elegante.

Un altro esempio di tenore leggero (pop) è sicuramente Andrea Bocelli, il cantante che ha dato il via al genere musicale “pop-lirico” rendendolo leader assoluto al livello planetario.

La sua voce viene molto criticate negli ambienti di appassionati dell’opera lirica pura, in quanto non rappresenta una vocalità adatta al repertorio classico, per volume e per tecnica (ibrida, a cavallo tra il pop e la lirica).

Nonostante le innumerevoli critiche nell’ambiente classico, e nonostante la sua tecnica vocale non gli permetta di farsi sentire senza microfono nei teatri cantando dal vivo, oggi è colui che più di tutti (forse secondo solo a Luciano Pavarotti) è riuscito a portare ad un pubblico “popolare” il repertorio classico dell’Opera, genere musicale che ricordo con un trend in continuo calo ormai da oltre un ventennio.

MICHAEL JACKSON: Tenore Leggero – Contralto

Michael Jackson
Voce chiara con facilità ad intonare gli acuti, ha rappresentato il pop internazionale per oltre 30 anni.
I REGISTRI VOCALI MASCHILI DEI CASTRATI (EVIRATI)

Castrato o musico cantore
Non tutti conoscono l’usanza di “castrare” (evirare) i giovani cantanti per permettere loro di mantenere una voce “bianca” anche dopo il periodo della muta vocale. Quando parliamo di castrato, o Musico cantore, ci riferiamo ai cantanti maschi che subivano la castrazione prima della pubertà, allo scopo di mantenere la voce bianca, tipica dei bambini, ma con la potenza di un adulto.

In Italia i Castrati trovarono impiego a partire dal 1500 nell’ambito della musica sacra, soprattutto a Roma, dove l’esecuzione vocale era interdetta alle donne, poiché il cantore era considerato officiante della liturgia e quindi il ruolo spettava esclusivamente a persone di sesso maschile.

A partire dal tale secolo, i Castrati sostituirono progressivamente i pueri cantores (cori di voci bianche che tradizionalmente accompagnano con il canto la liturgia nella Chiesa cattolica) e sopravvissero fino agli inizi del Novecento nei cori della Cappella Sistina e in altre basiliche papali.

L’ultimo cantante castrato della Cappella Sistina fu Alessando Moreschi, l’unico ad aver effettuato registrazioni ancora oggi reperibili.

Il successo dei castrati fu parallelo allo sviluppo del Melodramma. Alla prima rappresentazione dell’Orfeo di Monteverdi del 1607 presero parte almeno due Castrati. Nel Melodramma barocco le parti venivano scritte per Castrato soprano e Castrato contralto, a seconda del timbro e dell’estensione, ma anche per Soprano e Contralto femminili.

I Castrati divennero protagonisti delle scene e mantennero la loro egemonia per circa un secolo e mezzo, soppiantando i colleghi di sesso maschile nel ruolo di ‘primo uomo’.  

I castrati, dunque, potevano interpretare indifferentemente parti maschili o femminili. Nella “stravaganza” barocca poteva verificarsi che un uomo interpretasse un ruolo femminile ma anche che una donna interpretasse un ruolo maschile (cantante cosiddetto en travesti).

L’organizzazione rigida e strettamente gerarchica dell’Opera seria favoriva le voci acute per la rappresentazione delle virtù eroiche, mentre le voci maschili tradizionali del Basso e del Tenore baritonale (il Tenore acuto dalla voce chiara – abbiamo visto – nascerà solo nel XIX secolo, con la fine dei Castrati) erano considerate troppo realistiche e perciò volgari, poco portate al virtuosismo e adatte solo a ruoli secondari o comici.


Conoscere i registri vocali maschili è fondamentale per potere apprendere una tecnica vocale completa che ti permetterà di conoscere esattamente i limiti della tua voce: estensione massima, dove effettuare il cambio di registro, sua quali note grazi fermarti, ecc.

Non conoscerla è la stessa cosa di mettersi alla guida bendato, sperando di non andare a sbattere contro un muro.

Come fai a capire perché non “arrivi” alle note che cantava Freddie Mercury? Come fare ad intonare gli acuti tenorili se sei un baritono? Come fare a cantare senza stancarti se non effettui il cambio di registro? 

P.S. prima di effettuare il cambio di registro vocale devi sapere qual è il tuo timbro.

Se hai dei dubbi e vuoi conoscere la tua voce per portarla ad un livello avanzato, richiedi ==>> l’Analisi Vocale.

Hai delle domande sui registri vocali maschili?

Scrivile sotto tra i commenti. Buon canto 😉

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Salvatore Cilia

Cantante Lirico e creatore di Voce al Top­­™, il metodo di canto che ti permette di aggiungere fino ad una ottava di estensione alla tua voce in un terzo del tempo a prescindere dal genere musicale.

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